La lettura di questo libro mi ha colta fin dalle prime righe estremamente incuriosita. Incuriosita ed interessata non solo come professionista, ma come madre. Mia figlia ha quasi quindici anni… siamo nel pieno dell’adolescenza e con lei tutta la famiglia.
Cos’è la adolescenza? Gli anni dell’adolescenza potrebbero essere anni esaltanti, ma quante complicazioni!
In chiave sistemico relazionale, è una fase del ciclo vitale della famiglia, che spesso determina un periodo di forti cambiamenti. I cambiamenti fisici e psicologici sono alla base, ma al contempo cresce la ricerca di indipendenza e di autonomia che mettono a dura prova tutto l’intero sistema famiglia. L’adolescente deve saper rispondere ad innumerevoli richieste.
L’adolescenza è un tempo. L’adolescenza è il tempo delle contraddizioni, a volte incomprensibili alla famiglia, talvolta disorientanti…gli adolescenti con i loro atteggiamenti rabbiosi a volte comunicano il loro bisogno disperato di appartenere e di ritrovare uno spazio di confidenza e di rapporto con i propri genitori. L’adolescente è maestro di ambivalenze e può mascherare dietro atteggiamenti contraddittori i suoi reali sentimenti. La famiglia si carica di responsabilità immense nei confronti dei figli, come ad esempio quella di renderli ad ogni costo felici. Cito fedelmente un trafiletto del libro che mi ha colpito per la sua veridicità e che mi ha molto fatto riflettere sul suo significato:
Si può dare il permesso ai figli di non essere felici. Non è compito dei genitori far felici i figli. Deve essere il figlio l’artefice della propria felicità, della propria gioia, del proprio successo, tutte cose che potranno verificarsi tanto più egli sarà capace di soffrire e di conquistare la sua autonomia.
Andolfi presenta nel libro un terapeuta attivo e creativo che si muove in seduta come tessitore di nessi, per narrare insieme la storia che guarisce, con l’obiettivo di ridare competenza ai genitori. Nel libro, nella parte iniziale, viene dato spazio all’aspetto teorico dell’adolescenza, tanto studiato, tanto dibattuto. Da Erikson, che considera l’adolescenza una tappa ben definita del ciclo vitale e inserisce lo sviluppo dell’adolescente nel quadro di un complesso piano di adattamento dell’individuo all’ambiente sociale a Vittorino Andreoli che definisce l’adolescenza come il tempo della metamorfosi del corpo, della personalità e delle relazioni con l’altro e sottolinea come questo stravolgimento determina una profonda crisi d’identità per l’adolescente, rendendo questa fase il tempo dell’insicurezza e della paura in cui si attivano i classici meccanismi di difesa, di fuga reale da casa, fuga psicologica o “fuga dal mondo”, di violenza eterodiretta (gesti distruttivi verso la famiglia o la società) o violenza autodiretta (uso di droga, alcol, disturbi alimentari, autolesionismo).
Secondo Salvador Minuchin l’adolescente vive in uno stato di continua oscillazione tra il desiderio di autonomia e di indipendenza e il desiderio di dipendenza; tra bisogni di attaccamento e cura e bisogni esploratori. Per l’adolescente “separarsi” dai propri genitori implica nel contempo l’impegnarsi nella costruzione della propria identità e nella progettazione della sua futura vita affettiva e lavorativa. Il sistema familiare in tutto ciò deve essere pronto ad assolvere il compito richiesto, ovvero il cambiamento. Cambiamento che non solo mette in discussione le relazioni interne alla famiglia, ma richiede il gioco, l’articolazione con gli altri sistemi relazionali (in particolare coetanei e adulti) a cui l’adolescente si rivolge per soddisfare le sue esigenze di crescita. Solo se la famiglia riesce ad entrare in una situazione di sinergia con questi sistemi, le opportunità evolutive dell’adolescente possono essere sostenute e potenziate.
Andolfi propone la terapia con gli adolescenti in base sistemico- relazionale, ovvero vede l’adolescente con tutto il suo sistema familiare… e non solo! Coinvolgere la famiglia vuol dire osservare come si muove, come interagisce con lo psicologo, come reagisce ad alcuni argomenti trattati, anche solo da un punto di vista emotivo. Sono informazioni molto preziose, che possono far comprendere con maggior chiarezza la situazione. Esse possono, da subito, essere condivise con la famiglia e con l’adolescente.
Lavorare con gli adolescenti in terapia significa non sottovalutare le figure di riferimento, ma darne significato sistemico nella dinamica relazionale. Uno dei compiti più importanti della psicoterapia, è quello di agevolare la comunicazione tra i membri di una famiglia. Solo grazie a ciò è possibile valorizzare le risorse di cui essa dispone.
Andolfi affronta temi importanti che nel tempo dell’adolescenza si sviluppano con caratteristiche particolari e singolari rispetto ad altre fasi del ciclo vitale e che quindi necessitano di approcci e strategie intuitive, nuove, talvolta bizzarre e travolgenti. Parla della violenza. Riporta il pensiero di Bowlby, il quale sostiene che essa deve essere considerata una versione distorta di un comportamento potenzialmente funzionale. Riconduce la violenza all’interno di ogni legame significativo. Un tema importante che Andolfi affronta nel testo è quello delle dipendenze. Si distinguono dipendenze sane da quelle patologiche. Le più importanti dipendenze patologiche in adolescenza nascono con lo scopo di fuggire da stati emotivi spiacevoli o negativi, nascono come tentativo di autocura per difendersi da tensioni psichiche. Bellissima una frase del libro… l’uso della droga, da sempre, non è altro che un tentativo infelice e disperato di autoterapia. I ragazzi fanno di uso di alcol e droga per sperimentare sensazioni di piacere. Alcol, cannabis e altre sostanze psicoattive sono spesso un mezzo per evitare l’ansia e la paura legate al presente e al futuro. L’importanza dei fattori familiari nell’insorgenza di dipendenza da alcol e droga negli adolescenti è stata ampiamente confermata. Rispetto a ciò l’efficacia del trattamento e/o coinvolgimento della famiglia in caso di dipendenze risulta significativo.
Andolfi dedica una parte anche alle dipendenze alimentari, oggi molto diffuse fra le femminine adolescenti. L’immagine del proprio corpo e la costruzione della propria identità di genere sono gli elementi centrali nell’esordio dell’anoressia nervosa. Cita i principali modelli teorici di riferimento, dal modello medico, a quello psicoanalitico fino Minuchin.
Il libro oltre a trattare di aspetti tecnici e modelli teorici risulta interessante perché ogni tema viene raccontato attraverso storie reali, storie di adolescenti, di famiglie e di terapie. Il terapeuta Andolfi è un terapeuta curioso. Curioso nel voler scoprire l’altro, curioso nello sperimentare nuove letture all’interno del sistema familiare, curioso nel tentativo di guardare l’adolescente con occhi nuovi e di lavorare insieme alla famiglia affinchè tutto il sistema familiare possa provare ad indossare lenti differenti… Nella sua ottica creativa, intraprendente ed anche coraggiosa a tratti, curiosare significa non solo guardare l’adolescente ma anche il suo contesto, la sua vita, tutta, quella reale, virtuale, amicale. Gli interessi, le passioni, l’abbigliamento diventano contenuti solo apparentemente “non terapeutici”.
Il lavoro con gli adolescenti diventa anch’esso un tempo, uno spazio che esce dai confini del tipico “setting” per andare oltre, per sconfinare dentro un mondo, a volte lontano, a volte vicino, ma che tutti noi, anche noi terapeuti, a nostro modo ci portiamo dentro. Incontrare gli adolescenti con le proprie famiglie apre scenari nuovi ed a volte inaspettati. Genitori che fanno difficoltà a vedere che il figlio è cresciuto e sta crescendo, altri che per necessità spingono invece gli adolescenti a comportamenti adulti, altri ancora che pensando erroneamente che il tempo delle regole è finito, crescono i figli senza confini, e a volte un insieme di tutto questo!! L’effetto negli adolescenti, paura, confusione… L’adolescenza è una fase dove le trasformazioni fisiche, psicologiche e relazionali sono estremamente potenti. In questo senso la famiglia stessa dovrebbe essere pronta ad assolvere il compito del cambiamento che allarga le sue braccia non soltanto alle mura di casa ma coinvolge il gruppo dei pari, la scuola e tutti quei sistemi necessari al soddisfacimento dei bisogni di crescita dell’adolescente. Lavorare con le famiglie significa lavorare anche su questo.
Coinvolgere le famiglie, soprattutto nella fase dell’adolescenza di un figlio significa davvero alzare il volume a quelle voci familiari, talvolta troppo basse per essere sentite o meglio ancora ascoltate. Coinvolgere le famiglie significa in questo senso rinarrare la storia familiare, dare nuove interpretazioni forse anche creare nuovi teatri (per dirla alla Onnis!) sopra i quali dare spazio a nuovi scenari, e magari quelle “crepe” che fino ad un attimo primo sembravano solo dei profondi buchi neri potrebbero diventare un nuovo punto di luce.
“C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce” – Leonard Cohen